Il quadro complessivo dell’architettura ellenistica nell’Occidente greco rimane, pure nella presenza di numerosi contributi recenti, ancora largamente incompleto. La mancanza di ricerche sistematiche e di visioni d’insieme accomuna, in questo senso, l’architettura ellenistica occidentale a quella della madrepatria e della Grecia microasiatica, evidenziando, se possibile, criticità anche più profonde, non fosse altro che per minore quantità di materiali disponibili rispetto a quanto reso noto in anni passati e recenti su quelle aree. Nell’esame dell’architettura religiosa e pubblica emergono elementi comuni con quelli che sembrano essere i caratteri propri dell’ellenismo in madrepatria e nell’Oriente greco, i cui tratti salienti sono riconducibili ad un sostanziale ridimensionamento degli edifici templari che si evidenzia chiaramente nell’abbandono delle tipologie di maggiore monumentalità, come il tempio periptero, a favore di tipi più modesti, quali i templi prostili o in antis largamente prevalenti nel periodo, un fenomeno che in Occidente si combina inoltre con una indicativa contrazione delle nuove realizzazioni. Al tempo stesso si assiste ad una significativa crescita di importanza della stoà, la quale viene ad assumere già nella prima età ellenistica un ruolo determinante nella strutturazione degli spazi pubblici; appare infatti evidente come, a partire dalla fine del IV secolo, essa venga a costituire uno dei tipi edilizi di maggiore monumentalità del periodo, al punto di divenire sempre più spesso oggetto di atti di evergetismo, quasi a fare da riscontro al contestuale ridimensionamento degli edifici templari. La versatilità della tipologia ha inoltre permesso di concepire per le piazze agorali, per i santuari, per le palestre dei ginnasi, forme regolari adatte all’inserimento in una maglia urbana pianificata o la realizzazione di quinte architettoniche in un insieme scenograficamente impostato, oppure, ancora, la soluzione di problemi connessi con irregolarità altimetriche del sito. Di particolare rilevanza per il periodo è il teatro, che appunto tra la fine del IV e il III secolo, con il diffondersi della tipologia ad orchestra circolare, arricchisce pressoché tutte le poleis greche. Le peculiarità delle architetture teatrali d’occidente, per più di un aspetto diversificate rispetto a quelle della madrepatria, già alla fine del III secolo si diffondono anche nei centri italici e siculi e, attraverso le trasformazioni introdotte nel secolo successivo, vengono a costituire il modello di base del teatro romano così come si viene a definire a partire dal teatro di Pompeo a Roma. Una tipologia che esula dall’architettura a carattere pubblico, ma che riveste una particolare rilevanza per il periodo è rappresentata dalle sepolture monumentali, che rivelano nei diversi modelli adottati le molteplici influenze riconducibili alla Grecia continentale, in particolare all’area macedone e attica e al Mediterraneo sud-orientale, dove, proprio nell’arco del III secolo, si consolidano importanti tradizioni architettoniche destinate a condizionare significativamente gli sviluppi della produzione architettonica italica e romana nel secolo successivo. Un particolare interesse rivestono al riguardo le tombe a naiskos che nel contesto tarantino danno luogo ad una fiorente produzione caratterizzata dall’adozione di un linguaggio originale il cui studio architettonico, solo recentemente intrapreso in forma sistematica ci consentirà, auspichiamo, di meglio comprendere rapporti e reciproche influenze tra le diverse aree del mondo greco.

L'architettura in Sicilia e in Magna Grecia tra ellenismo e romanizzazione / Rocco, Giorgio. - STAMPA. - (2015), pp. 777-806. (Intervento presentato al convegno LII Convegno di Studi sulla Magna Grecia tenutosi a Taranto nel 27-30 settembre 2012).

L'architettura in Sicilia e in Magna Grecia tra ellenismo e romanizzazione

Rocco, Giorgio
2015-01-01

Abstract

Il quadro complessivo dell’architettura ellenistica nell’Occidente greco rimane, pure nella presenza di numerosi contributi recenti, ancora largamente incompleto. La mancanza di ricerche sistematiche e di visioni d’insieme accomuna, in questo senso, l’architettura ellenistica occidentale a quella della madrepatria e della Grecia microasiatica, evidenziando, se possibile, criticità anche più profonde, non fosse altro che per minore quantità di materiali disponibili rispetto a quanto reso noto in anni passati e recenti su quelle aree. Nell’esame dell’architettura religiosa e pubblica emergono elementi comuni con quelli che sembrano essere i caratteri propri dell’ellenismo in madrepatria e nell’Oriente greco, i cui tratti salienti sono riconducibili ad un sostanziale ridimensionamento degli edifici templari che si evidenzia chiaramente nell’abbandono delle tipologie di maggiore monumentalità, come il tempio periptero, a favore di tipi più modesti, quali i templi prostili o in antis largamente prevalenti nel periodo, un fenomeno che in Occidente si combina inoltre con una indicativa contrazione delle nuove realizzazioni. Al tempo stesso si assiste ad una significativa crescita di importanza della stoà, la quale viene ad assumere già nella prima età ellenistica un ruolo determinante nella strutturazione degli spazi pubblici; appare infatti evidente come, a partire dalla fine del IV secolo, essa venga a costituire uno dei tipi edilizi di maggiore monumentalità del periodo, al punto di divenire sempre più spesso oggetto di atti di evergetismo, quasi a fare da riscontro al contestuale ridimensionamento degli edifici templari. La versatilità della tipologia ha inoltre permesso di concepire per le piazze agorali, per i santuari, per le palestre dei ginnasi, forme regolari adatte all’inserimento in una maglia urbana pianificata o la realizzazione di quinte architettoniche in un insieme scenograficamente impostato, oppure, ancora, la soluzione di problemi connessi con irregolarità altimetriche del sito. Di particolare rilevanza per il periodo è il teatro, che appunto tra la fine del IV e il III secolo, con il diffondersi della tipologia ad orchestra circolare, arricchisce pressoché tutte le poleis greche. Le peculiarità delle architetture teatrali d’occidente, per più di un aspetto diversificate rispetto a quelle della madrepatria, già alla fine del III secolo si diffondono anche nei centri italici e siculi e, attraverso le trasformazioni introdotte nel secolo successivo, vengono a costituire il modello di base del teatro romano così come si viene a definire a partire dal teatro di Pompeo a Roma. Una tipologia che esula dall’architettura a carattere pubblico, ma che riveste una particolare rilevanza per il periodo è rappresentata dalle sepolture monumentali, che rivelano nei diversi modelli adottati le molteplici influenze riconducibili alla Grecia continentale, in particolare all’area macedone e attica e al Mediterraneo sud-orientale, dove, proprio nell’arco del III secolo, si consolidano importanti tradizioni architettoniche destinate a condizionare significativamente gli sviluppi della produzione architettonica italica e romana nel secolo successivo. Un particolare interesse rivestono al riguardo le tombe a naiskos che nel contesto tarantino danno luogo ad una fiorente produzione caratterizzata dall’adozione di un linguaggio originale il cui studio architettonico, solo recentemente intrapreso in forma sistematica ci consentirà, auspichiamo, di meglio comprendere rapporti e reciproche influenze tra le diverse aree del mondo greco.
2015
LII Convegno di Studi sulla Magna Grecia
978-88-98066-33-9
L'architettura in Sicilia e in Magna Grecia tra ellenismo e romanizzazione / Rocco, Giorgio. - STAMPA. - (2015), pp. 777-806. (Intervento presentato al convegno LII Convegno di Studi sulla Magna Grecia tenutosi a Taranto nel 27-30 settembre 2012).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11589/18257
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