Nell’inaugurare la nuova collana intitolata “Città e paesaggi meridiani”, il libro di Marco Mannino offre l’opportunità di riflettere su un tema di architettura estremamente ambizioso: verificare la capacità del Progetto di architettura di sintetizzare il rapporto di corrispondenza tra “idea di città” e “paesaggio”. A monte di questa ricerca progettuale vi è la convinzione che territorio e città contemporanea possano “costruirsi insieme”, attraverso la sperimentazione di una dimensione estesa della città contemporanea. Si tratta di un dichiarato tentativo di porre rimedio a due questioni urbane fondative: (i) alla “crisi di forma” di cui la stessa città di oggi sembra essere vittima – crisi, probabilmente attribuibile anche ad una sostanziale incapacità di leggere ed interpretare la “meccanica” dei processi di crescita e di trasformazione della città stessa –, (ii) all’incapacità di determinare “luoghi” all’interno dei quali l’intera collettività possa rispecchiarsi. Questo tipo di ricerca progettuale, chiaramente delineata nel testo da Mannino, persegue un’assoluta e a-posteriori condizione sintetica di «bellezza» che si instaura tra i medesimi sistemi (naturale e morfologico-insediativo), e rinuncia, di fatto, a interpretare l’attitudine insediativa dei luoghi, o come l’autore stesso dichiara, quel dato di «presunta vocazione al paesaggio» da parte dell’architettura. Trattasi dunque di una sperimentazione progettuale attraverso la quale il “pensiero visivo” si traduce in “atto spirituale” circoscritto ad una visione in sé compiuta, ad una “parte”, che identificandosi come struttura formale indipendente, tenta di sintetizzare nel suo quid unitario ciò che George Simmel definisce la “tonalità spirituale” – il carattere generale – del paesaggio e dunque dei luoghi. Si legittima così un tipo di ricerca sul progetto urbano che opera per assunzione – dalla realtà – di caratteri formali, come direbbe il matematico francese René Thom, “salienti”, ossia acquisiti tramite l’apparato percettivo-analogico, del progettista. Campo sperimentale di questa ricerca è la città di Messina

Lo sguardo di Antonello. Architettura e paesaggio nella città di Messina

Nicola Scardigno
2018-01-01

Abstract

Nell’inaugurare la nuova collana intitolata “Città e paesaggi meridiani”, il libro di Marco Mannino offre l’opportunità di riflettere su un tema di architettura estremamente ambizioso: verificare la capacità del Progetto di architettura di sintetizzare il rapporto di corrispondenza tra “idea di città” e “paesaggio”. A monte di questa ricerca progettuale vi è la convinzione che territorio e città contemporanea possano “costruirsi insieme”, attraverso la sperimentazione di una dimensione estesa della città contemporanea. Si tratta di un dichiarato tentativo di porre rimedio a due questioni urbane fondative: (i) alla “crisi di forma” di cui la stessa città di oggi sembra essere vittima – crisi, probabilmente attribuibile anche ad una sostanziale incapacità di leggere ed interpretare la “meccanica” dei processi di crescita e di trasformazione della città stessa –, (ii) all’incapacità di determinare “luoghi” all’interno dei quali l’intera collettività possa rispecchiarsi. Questo tipo di ricerca progettuale, chiaramente delineata nel testo da Mannino, persegue un’assoluta e a-posteriori condizione sintetica di «bellezza» che si instaura tra i medesimi sistemi (naturale e morfologico-insediativo), e rinuncia, di fatto, a interpretare l’attitudine insediativa dei luoghi, o come l’autore stesso dichiara, quel dato di «presunta vocazione al paesaggio» da parte dell’architettura. Trattasi dunque di una sperimentazione progettuale attraverso la quale il “pensiero visivo” si traduce in “atto spirituale” circoscritto ad una visione in sé compiuta, ad una “parte”, che identificandosi come struttura formale indipendente, tenta di sintetizzare nel suo quid unitario ciò che George Simmel definisce la “tonalità spirituale” – il carattere generale – del paesaggio e dunque dei luoghi. Si legittima così un tipo di ricerca sul progetto urbano che opera per assunzione – dalla realtà – di caratteri formali, come direbbe il matematico francese René Thom, “salienti”, ossia acquisiti tramite l’apparato percettivo-analogico, del progettista. Campo sperimentale di questa ricerca è la città di Messina
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11589/190123
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