Le città di Avola e di Augusta presentano un paesaggio periurbano nel quale il concetto di limite assume differenti declinazioni: il limite tra città e mare, città e monti, città e campagna, città e porto, città e industria. In prima approssimazione, sicuramente si può affermare, per entrambe le città, che il “limite urbano” è rappresentato, da un lato, dalla “condizione costiera” degli insediamenti (che troppo spesso hanno abusivamente urbanizzato il litorale), dalla loro prossimità al mare; dall’altro, da scelte di pianificazione infrastrutturale (la linea ferroviaria per Avola, l’area industriale per Augusta). Le variazioni morfologiche imposte nell’entroterra dai Monti Iblei non costituiscono, di fatto, un limite all’espansione urbana delle due città, nonostante rappresentino un riferimento fondamentale che caratterizza la qualità figurale, soprattutto di Avola. La difficoltà oggettiva incontrata nel tentativo di confinare queste “superfici di mezzo”, costrette tra la città e il sistema dei “segni” del paesaggio, sia naturali che antropici, attraverso un banale processo di perimetrazione, ha indotto una riflessione che sovverte la consolidata immagine figurativa del limite: non più linea spezzata chiusa, ma superficie aperta, potenzialmente illimitata. Il margine urbano, inteso dunque quale spazio di relazione tra città e paesaggio circostante, ovvero spogliato delle accezioni negative di perifericità e separazione, che comunemente evoca, viene riconosciuto come tema progettuale da indagare in sé, per le potenzialità connettive che, al contrario, gli possono essere riconosciute: il tentativo sarà quello di individuare forme insediative alternative alla dispersione e allo sprawl urbano, fondate sulla ricerca di una tensione continua tra spazio interno e spazio esterno, tra architettura della città e architettura della natura. Si vuole sperimentare un’idea di città che, facendo propri i caratteri della geografia dei luoghi, riesca ad imporre nuovi principi ordinatori in quel territorio “informale”, privo di sintassi, che “separa” la città storica dal mare. Gli oggetti topologici, ai quali viene riconosciuta una capacità formalizzatrice, diventano materiale di progetto e termine di paragone per le due città: la costa bassa lineare, sabbiosa e la costa alta, frastagliata e rocciosa sono i due paradigmi presi in considerazione.
Città sul limite. Paradigmi costieri tra utopia e atopia / Turchiarulo, Mariangela - In: LISCA 2013 : il progetto della città di mezzo nel territorio di Siracusa / [a cura di] Chiara Rizzica. - STAMPA. - Siracusa : LetteraVentidue, 2016. - ISBN 978-88-6242-140-9. - pp. 84-91
Città sul limite. Paradigmi costieri tra utopia e atopia
Turchiarulo, Mariangela
2016-01-01
Abstract
Le città di Avola e di Augusta presentano un paesaggio periurbano nel quale il concetto di limite assume differenti declinazioni: il limite tra città e mare, città e monti, città e campagna, città e porto, città e industria. In prima approssimazione, sicuramente si può affermare, per entrambe le città, che il “limite urbano” è rappresentato, da un lato, dalla “condizione costiera” degli insediamenti (che troppo spesso hanno abusivamente urbanizzato il litorale), dalla loro prossimità al mare; dall’altro, da scelte di pianificazione infrastrutturale (la linea ferroviaria per Avola, l’area industriale per Augusta). Le variazioni morfologiche imposte nell’entroterra dai Monti Iblei non costituiscono, di fatto, un limite all’espansione urbana delle due città, nonostante rappresentino un riferimento fondamentale che caratterizza la qualità figurale, soprattutto di Avola. La difficoltà oggettiva incontrata nel tentativo di confinare queste “superfici di mezzo”, costrette tra la città e il sistema dei “segni” del paesaggio, sia naturali che antropici, attraverso un banale processo di perimetrazione, ha indotto una riflessione che sovverte la consolidata immagine figurativa del limite: non più linea spezzata chiusa, ma superficie aperta, potenzialmente illimitata. Il margine urbano, inteso dunque quale spazio di relazione tra città e paesaggio circostante, ovvero spogliato delle accezioni negative di perifericità e separazione, che comunemente evoca, viene riconosciuto come tema progettuale da indagare in sé, per le potenzialità connettive che, al contrario, gli possono essere riconosciute: il tentativo sarà quello di individuare forme insediative alternative alla dispersione e allo sprawl urbano, fondate sulla ricerca di una tensione continua tra spazio interno e spazio esterno, tra architettura della città e architettura della natura. Si vuole sperimentare un’idea di città che, facendo propri i caratteri della geografia dei luoghi, riesca ad imporre nuovi principi ordinatori in quel territorio “informale”, privo di sintassi, che “separa” la città storica dal mare. Gli oggetti topologici, ai quali viene riconosciuta una capacità formalizzatrice, diventano materiale di progetto e termine di paragone per le due città: la costa bassa lineare, sabbiosa e la costa alta, frastagliata e rocciosa sono i due paradigmi presi in considerazione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.