Riconoscere l’architettura in modo analogo al sistema complesso di una lingua vuol dire collocarsi in un orizzonte di ricerca che prova a studiare l’esistente, la realtà, attraverso una “legge strutturale” (riconoscibile e condivisa) che interpreta, di ogni organismo antropico, la sua concreta esistenza valendosi della meccanica concettuale del “divenire” (lettura). In altre parole, significa coltivare l’interesse a capire il suo essere ente che vive in uno spazio definito e fissa/costruisce rapporti di necessità con il mondo a cui si relaziona, derivando la sua specifica essenza dall’insieme dei caratteri propri e immutabili che identificano la sua natura, apertamente determinata dal progressivo suo trasformarsi nel tempo. Ciò comporta un’implicita condizione di ricerca – e di scoperta – di quanto può dirsi – e darsi – in forma comune a un’intera comunità civile, e quindi a una cultura architettonica omogenea che si esprime attraverso una propria “langue”. Questi scritti si propongono di trattare il tema dell’architettura-lingua, che si offre al mondo nella sua unicità costitutiva come manifestazione dell’agire collettivo e come “esperienza di verità”, e si interrogano sul problema del progetto nelle sue molteplici accezioni. Condizione di esistenza comunitaria che sottintende un’ipotesi di trasformazione della realtà offerta come traguardo coscienziale e dispositivo etico-operativo basato su una visione de-assolutizzata dell’esperienza personale (parole), sicché l’idea cogito proposta non risulti unicamente espressione del mondo di conoscenze e “scelte” critiche del progettista, ma si realizzi la condizione di “novità” – propria dell’infuturarsi – mediante la sintesi delle molteplici esperienze che rendono potente la facoltà dell’abs-trahĕre.
Architettura come lingua. Processo e progetto / Ieva, Matteo. - STAMPA. - (2018).
Architettura come lingua. Processo e progetto
Matteo Ieva
2018-01-01
Abstract
Riconoscere l’architettura in modo analogo al sistema complesso di una lingua vuol dire collocarsi in un orizzonte di ricerca che prova a studiare l’esistente, la realtà, attraverso una “legge strutturale” (riconoscibile e condivisa) che interpreta, di ogni organismo antropico, la sua concreta esistenza valendosi della meccanica concettuale del “divenire” (lettura). In altre parole, significa coltivare l’interesse a capire il suo essere ente che vive in uno spazio definito e fissa/costruisce rapporti di necessità con il mondo a cui si relaziona, derivando la sua specifica essenza dall’insieme dei caratteri propri e immutabili che identificano la sua natura, apertamente determinata dal progressivo suo trasformarsi nel tempo. Ciò comporta un’implicita condizione di ricerca – e di scoperta – di quanto può dirsi – e darsi – in forma comune a un’intera comunità civile, e quindi a una cultura architettonica omogenea che si esprime attraverso una propria “langue”. Questi scritti si propongono di trattare il tema dell’architettura-lingua, che si offre al mondo nella sua unicità costitutiva come manifestazione dell’agire collettivo e come “esperienza di verità”, e si interrogano sul problema del progetto nelle sue molteplici accezioni. Condizione di esistenza comunitaria che sottintende un’ipotesi di trasformazione della realtà offerta come traguardo coscienziale e dispositivo etico-operativo basato su una visione de-assolutizzata dell’esperienza personale (parole), sicché l’idea cogito proposta non risulti unicamente espressione del mondo di conoscenze e “scelte” critiche del progettista, ma si realizzi la condizione di “novità” – propria dell’infuturarsi – mediante la sintesi delle molteplici esperienze che rendono potente la facoltà dell’abs-trahĕre.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.