La rilettura di un palinsesto architettonico nella ricostruzione post-sismica del 1997. Il caso dell’Abbadia dei SS. Vincenzo e Anastasio

The restorative experience gained around the Abbadia dei SS. Vincenzo e Anastasio in Amandola (AP) hit by the 1997 earthquake, offers the opportunity to propose a broader reflection on some of the most debated issues of a theoretical nature, namely: the "conservative" problems of the ancient material that substantiates the architectural works and the "revelatory" problems which include the "filling of the gaps" and the "removal of the additions". Cesare Brandi had attributed to the latter an exceptional character in that, by definition, it is an irreversible act and does not document itself. It is a risky critical selection of the palimpsest of signs of which a historic building bears, which becomes more complicated if, during the works, unexpected facts emerge capable of revealing the signs of hidden stratifications. In this case the restoration will have to appear as an eminently conservative intervention which can attempt to re-read the construction phases in their evolutionary logic by combining permanence and mutations, but always respecting the ancient material and the figurative unity. It is from this point of view that the problem of seismic improvement was tackled, in the awareness that it is not possible to make the historical building invulnerable due to its intrinsic fragility, but also in the absolute conviction that historical-critical choices must be made even before than techniques, from which the operational results of the restoration derive.

L’esperienza restaurativa maturata intorno all’Abbadia dei SS. Vincenzo e Anastasio ad Amandola (AP) colpita dal terremoto del 1997, offre l’occasione per proporre una riflessione più ampia su alcune tra le più dibattute questioni di natura teorica, ovvero: i problemi “conservativi” della materia antica che sostanzia le opere architettoniche e i problemi “rivelativi” nei quali rientrano la “reintegrazione delle lacune” e la “rimozione delle aggiunte”. A quest'ultima Cesare Brandi aveva attribuito un carattere di eccezionalità in quant, per definizione, essa è un atto irreversibile e non documenta se stessa. Si tratta di una rischiosa selezione critica nei confronti del palinsesto dei segni di cui un edificio storico è portatore, che si complica se, nel corso dei lavori, emergono fatti inattesi capaci di svelare i segni di stratificazioni nascoste. In tal caso il restauro dovrà prospettarsi come intervento eminentemente conservativo che può tentare di far rileggere le fasi costruttive nella loro logica evolutiva coniugando permanenze e mutazioni, ma sempre nel rispetto della materia antica e dell'unità figurativa. E' in tale ottica che è stato affrontato il problema del miglioramento sismico, nella consapevolezza che non è possibile rendere invulnerabile l'edificio storico proprio per la sua intrinseca fragilità, ma anche nell'assoluta convinzione che si debbano effettuare scelte storico-critiche prima ancora che tecniche, dalle quali derivano gli esiti operativi del restauro.