Gli eventi disastrosi che hanno recentemente colpito le aree appenniniche italiane hanno acceso i riflettori sulla condizione di fragilità dei loro insediamenti urbani, una moltitudine di piccoli borghi che costituiscono un patrimonio storico ed architettonico importante, spesso dimenticato, del nostro Paese e che contribuiscono a definirne l’identità. Una condizione connotata non solo dall’abbandono e dall’incuria (conseguenze del fenomeno dello spopolamento) ma soprattutto dall’alto tasso di esposizione al rischio (sismico e idrogeologico), dovuto anche alla assenza di “manutenzione” del territorio e delle sue strutture insediative, conseguenza dell’interruzione di pratiche conservative e rigenerative legate al coltivare e all’abitare. Gli strumenti messi in atto dal governo nazionale, come il Piano nazionale per la prevenzione del rischio sismico, il recente Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, il ripristino e la tutela della risorsa ambientale e la Strategia Nazionale per le Aree Interne non si pongono il problema della definizione di principi e pratiche capaci di garantire l’appropriatezza delle risposte sul piano formale. Perché è la forma delle città e dei paesaggi, oltre alle vite umane, ai beni e alle attività, ad essere messa in crisi dai disastri naturali nonché dalle azioni trasformative inappropriate, spesso conseguenza di scarsa conoscenza e di approcci settoriali che non si pongono il problema della forma e della sua capacità di attribuire senso e valore alla realtà. È necessario, pertanto, avviare una stagione di studi e ricerche tesa alla produzione delle conoscenze necessarie e alla definizione di metodi e ‘tecniche’ di intervento appropriate, con l’obiettivo prioritario di coniugare, attraverso il progetto di architettura, gli aspetti tecnici sottesi al conseguimento della sicurezza con quelli formali propri dell’interpretazione e rafforzamento dei caratteri identitari. Confrontandosi con questo nuovo orientamento delle politiche di ricostruzione, salvaguardia e valorizzazione del patrimonio delle città appenniniche e con le problematiche di questa nuova sfida, la ricerca descritta in questo contributo prova a dare una risposta, sia sul piano metodologico che su quello progettuale, alla questione della mitigazione del rischio sismico e della messa in sicurezza, assumendo come caso di studio il territorio e le piccole città del Subappennino Dauno.

Il progetto di messa in sicurezza della città appenninica come rafforzamento dei suoi caratteri identitari

Francesco Defilippis
2019-01-01

Abstract

Gli eventi disastrosi che hanno recentemente colpito le aree appenniniche italiane hanno acceso i riflettori sulla condizione di fragilità dei loro insediamenti urbani, una moltitudine di piccoli borghi che costituiscono un patrimonio storico ed architettonico importante, spesso dimenticato, del nostro Paese e che contribuiscono a definirne l’identità. Una condizione connotata non solo dall’abbandono e dall’incuria (conseguenze del fenomeno dello spopolamento) ma soprattutto dall’alto tasso di esposizione al rischio (sismico e idrogeologico), dovuto anche alla assenza di “manutenzione” del territorio e delle sue strutture insediative, conseguenza dell’interruzione di pratiche conservative e rigenerative legate al coltivare e all’abitare. Gli strumenti messi in atto dal governo nazionale, come il Piano nazionale per la prevenzione del rischio sismico, il recente Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, il ripristino e la tutela della risorsa ambientale e la Strategia Nazionale per le Aree Interne non si pongono il problema della definizione di principi e pratiche capaci di garantire l’appropriatezza delle risposte sul piano formale. Perché è la forma delle città e dei paesaggi, oltre alle vite umane, ai beni e alle attività, ad essere messa in crisi dai disastri naturali nonché dalle azioni trasformative inappropriate, spesso conseguenza di scarsa conoscenza e di approcci settoriali che non si pongono il problema della forma e della sua capacità di attribuire senso e valore alla realtà. È necessario, pertanto, avviare una stagione di studi e ricerche tesa alla produzione delle conoscenze necessarie e alla definizione di metodi e ‘tecniche’ di intervento appropriate, con l’obiettivo prioritario di coniugare, attraverso il progetto di architettura, gli aspetti tecnici sottesi al conseguimento della sicurezza con quelli formali propri dell’interpretazione e rafforzamento dei caratteri identitari. Confrontandosi con questo nuovo orientamento delle politiche di ricostruzione, salvaguardia e valorizzazione del patrimonio delle città appenniniche e con le problematiche di questa nuova sfida, la ricerca descritta in questo contributo prova a dare una risposta, sia sul piano metodologico che su quello progettuale, alla questione della mitigazione del rischio sismico e della messa in sicurezza, assumendo come caso di studio il territorio e le piccole città del Subappennino Dauno.
2019
Cripta. Forma terrae/forma urbis. Dentro le aree interne, visioni di futuro per Grottaminarda e il suo territorio
978-88-98262-80-9
AIÓN EDIZIONI
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