Marionette, che passione! (e altri teatri). Andor Weininger al Bauhaus.

Da un lato la marionetta, forma tra le più antiche di rappresentazione, assume molteplici significati: feticcio, giocattolo, idolo, alter ego; dall’altro le nuove esigenze e tendenze teatrali che, grazie soprat- tutto al contributo delle avanguardie, agli inizi del XX secolo, accarezzano altre istanze, prime fra tutte quella psicologica e quella sociale. Tra le figure a lungo ignorate e fautrici di ampi spettri di influenza sulle attività dei maestri più cele- brati (Oskar Schlemmer, El Lissitzky, Enrico Prampolini e altri), l’ungherese Andor Weininger sviluppa alcune visioni utopistiche e profetiche al tempo istesso, mentre la sua poliedricità ricuce i numerosi lembi di un discorso teatrale estremamente complesso, che vede ruotare intorno alla scuola di Weimar-Dessau un cospicuo numero di personalità di rilievo, cui la storiografia contemporanea sta gradualmente rendendo giustizia. Preparatore, insieme ad altri progettisti di teatri utopistici, di quel climax raggiunto da Walter Gropius con il teatro totale, Andor Weininger profetizza la sparizione della misura del corpo umano nel palcoscenico teatrale. Uno scenario distopico, onirico, comunque profetico degli sviluppi inusitati della civiltà industriale.