Il paper intende dare una chiave interpretativa che veda i fenomeni di trasformazione causati dalla guerra non più come episodi puntuali, isolati o circoscritti in intorni areali definiti, ma collegati necessariamente ad interazioni più organiche e sistemiche con i processi di trasformazione urbana e territoriale drammaticamente indotti dai fenomeni migratori a breve e lungo raggio. I fenomeni migratori appaiono come onde sismiche che si propagano dagli epicentri dei conflitti ai margini di un territorio variabile e incostante e che trasformano, con potenza diversa, l’identità culturale di altri paesaggi: inoltre l’eco di ciascun fenomeno migratorio si interseca con gli esiti di altri fenomeni paralleli che, con diverse o comparabili modalità, trasformano l’assetto fisico dei paesaggi di regioni vicine o lontane rispetto all’epicentro, fino ad arrivare ai nostri territori, solo apparentemente lontani e sicuri. Parlare di paesaggio, guerre e migrazioni significa, anche, analizzare le conseguenze di azioni progettuali improprie rispetto allo specifico contesto culturale in cui sono state realizzate, poiché anche le opere di trasformazione attuate in epoca di pace, se non conformi ai caratteri culturali locali, possono avere ripercussioni traumatiche sull’assetto fisico del paesaggio, con effetti equivalenti, o a volte anche più invasivi, delle opere di distruzione proprie dei fenomeni bellici. Così come nel caso di Aleppo, esse possono addirittura indurre e accelerare i processi di annichilimento del paesaggio culturale storico.
Ricostruire i paesaggi culturali. Siria, Medioriente e Mediterraneo tra identità, migrazioni e ricostruzioni / Neglia, Giulia Annalinda. - STAMPA. - 04:(2017), pp. 367-376. (Intervento presentato al convegno I Convegno Internazionale sul Paesaggio: Il paesaggio al centro / integrazione tra discipline tenutosi a Napoli).
Ricostruire i paesaggi culturali. Siria, Medioriente e Mediterraneo tra identità, migrazioni e ricostruzioni
Neglia, Giulia Annalinda
2017-01-01
Abstract
Il paper intende dare una chiave interpretativa che veda i fenomeni di trasformazione causati dalla guerra non più come episodi puntuali, isolati o circoscritti in intorni areali definiti, ma collegati necessariamente ad interazioni più organiche e sistemiche con i processi di trasformazione urbana e territoriale drammaticamente indotti dai fenomeni migratori a breve e lungo raggio. I fenomeni migratori appaiono come onde sismiche che si propagano dagli epicentri dei conflitti ai margini di un territorio variabile e incostante e che trasformano, con potenza diversa, l’identità culturale di altri paesaggi: inoltre l’eco di ciascun fenomeno migratorio si interseca con gli esiti di altri fenomeni paralleli che, con diverse o comparabili modalità, trasformano l’assetto fisico dei paesaggi di regioni vicine o lontane rispetto all’epicentro, fino ad arrivare ai nostri territori, solo apparentemente lontani e sicuri. Parlare di paesaggio, guerre e migrazioni significa, anche, analizzare le conseguenze di azioni progettuali improprie rispetto allo specifico contesto culturale in cui sono state realizzate, poiché anche le opere di trasformazione attuate in epoca di pace, se non conformi ai caratteri culturali locali, possono avere ripercussioni traumatiche sull’assetto fisico del paesaggio, con effetti equivalenti, o a volte anche più invasivi, delle opere di distruzione proprie dei fenomeni bellici. Così come nel caso di Aleppo, esse possono addirittura indurre e accelerare i processi di annichilimento del paesaggio culturale storico.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.