Tra i molti studi sui caratteri degli edifici riguardati sotto l’aspetto tipologico e morfologico, obiettivo di ricerca di numerose scuole europee, quelli di matrice italiana si mostrano tra i più avanzati specialmente per l’interesse nei riguardi della nozione di tipo, sulla cui concezione s’incentra la struttura teorica e l’esegesi dei vari metodi impiegati. Proponendo il superamento della visione tardo illuministica del termine, con il suo significato di <elemento immutabile suscettibile di farsi regola al modello>, la scuola di tipologia italiana ha aperto la strada a una nuova disciplina fondata sull’ermeneutica del tipo, che mira a riconoscere un’accezione basata sulla “ricostruzione processuale” delle manifestazioni antropiche. Circa cinquant’anni di attività e il perfezionamento dell’idea di ricerca “strutturale” dell’ambiente costruito (inteso come sistema di organismi scalari: territorio – città – tessuto -edificio), con i suoi caratteri comuni e trasmissibili che esprimono la sostanza civile di una compagine sociale evolutasi in un luogo, hanno permesso di ribaltare la visione positivista del tipo come schema architettonico a-temporale, affermando un metodo d’indagine impostato sul principio della conoscenza. Epistéme, con cui s’interpreta il significato degli oggetti edilizi in quanto fenomeni dell’esperienza e comprensione incontrovertibile della dimensione stessa e della struttura del divenire. Concezione metodologica fondata sull’identificazione delle diversità del costruito nella sua evoluzione temporale e nelle differenti aree culturali, che ha reso possibile il riconoscimento di quelle diversità linguistico-edilizie (apertamente leggibili anche alla luce della fondamentale nozione di organismo), del tutto evidenti nell’architettura pre-moderna, ma dissolte in distinzioni del tutto marginali con la modernità, in parallelo all’idea di un’architettura genericamente eterocrona. Radicale cambiamento che ha favorito un percorso di “ricerca critica” verso lo studio della “forma” pura, in molti casi correlata alla sola utilitas, in concomitanza a una concreta modificazione del carattere della costruzione. Riguardo alla situazione attuale, in un contesto che si mostra tragicamente indebolito dall’ideologia della globalizzazione dei mercati, delle tecniche e della comunicazione, con effetti devastanti anche nell’ambito specifico dell’architettura, si pone l’interrogativo se sia ancora lecito parlare di “carattere”, unitariamente inteso per differenti aree geografico-culturali. Un dibattito intorno all’architettura, sulle sue relazioni costitutive interne e sugli esiti che oggi produce, finisce purtroppo per prendere atto di una dilagante condizione di frammentazione, intesa non tanto come fenomeno casuale ma come figura ideale di una valorizzazione delle differenze, che produce un irrimediabile abbandono di qualsiasi ricerca di equilibrata unità. E specialmente di quella “linguistica” che, del tutto carente di codificazione e soprattutto dispensata del valore della tradizione, ha aperto la strada a un progressivo interesse verso l’uso diffuso di para-linguaggi che hanno proiettato l’architettura in un “nuovo stile internazionale”. Forte processo di concettualizzazione del linguaggio architettonico riferito, sovente, esclusivamente all’involucro assunto come “valore” in sé, ed i cui principali effetti si misurano sulla capacità di coinvolgere notevolmente l’immaginazione e il mondo delle emozioni, con una globale omogeneizzazione delle forme architettoniche sotto il segno dell’apparenza e dell’immagine del prodotto ancor prima che della tecnica. E tuttavia, pur con eccessive semplificazioni, si può affermare che la grande trasformazione in corso, ricondotta alle sue linee essenziali, si pone in fondo come un paradosso: da un lato siamo testimoni di una spettacolare riduzione del ruolo dell’architettura (di frequente) a sola immagine, con effetti catastrofici sul piano delle verità costruttive e delle diversità areali; dall’altro, però, siamo anche spettatori di un’aspirazione, declamata da più parti, del ritorno in primo piano della necessità di fondare una nuova ricerca che miri a conquistare i contenuti di una rinascita dell“internazionalismo critico” che, assicurando continuità all’idea di tipo (pur con le sue mutevoli-vitali diversità), possa stabilmente custodire il concetto di autoctonia areale preservando, similmente alla lingua, quelle imprescindibili differenze culturali che costituiscono inalienabile patrimonio civile dell’umanità.

Caratteri dell'architettura nell'età della globalizzazione / Ieva, Matteo. - STAMPA. - (2011), pp. 745-754. (Intervento presentato al convegno Primo congresso internazionale fi retevitruvio. Rete Interuniversitaria Italiana di Architettura. SSD ICAR 14 | 15 | 16 tenutosi a Bari nel 2-6 maggio 2011).

Caratteri dell'architettura nell'età della globalizzazione

Ieva, Matteo
2011-01-01

Abstract

Tra i molti studi sui caratteri degli edifici riguardati sotto l’aspetto tipologico e morfologico, obiettivo di ricerca di numerose scuole europee, quelli di matrice italiana si mostrano tra i più avanzati specialmente per l’interesse nei riguardi della nozione di tipo, sulla cui concezione s’incentra la struttura teorica e l’esegesi dei vari metodi impiegati. Proponendo il superamento della visione tardo illuministica del termine, con il suo significato di , la scuola di tipologia italiana ha aperto la strada a una nuova disciplina fondata sull’ermeneutica del tipo, che mira a riconoscere un’accezione basata sulla “ricostruzione processuale” delle manifestazioni antropiche. Circa cinquant’anni di attività e il perfezionamento dell’idea di ricerca “strutturale” dell’ambiente costruito (inteso come sistema di organismi scalari: territorio – città – tessuto -edificio), con i suoi caratteri comuni e trasmissibili che esprimono la sostanza civile di una compagine sociale evolutasi in un luogo, hanno permesso di ribaltare la visione positivista del tipo come schema architettonico a-temporale, affermando un metodo d’indagine impostato sul principio della conoscenza. Epistéme, con cui s’interpreta il significato degli oggetti edilizi in quanto fenomeni dell’esperienza e comprensione incontrovertibile della dimensione stessa e della struttura del divenire. Concezione metodologica fondata sull’identificazione delle diversità del costruito nella sua evoluzione temporale e nelle differenti aree culturali, che ha reso possibile il riconoscimento di quelle diversità linguistico-edilizie (apertamente leggibili anche alla luce della fondamentale nozione di organismo), del tutto evidenti nell’architettura pre-moderna, ma dissolte in distinzioni del tutto marginali con la modernità, in parallelo all’idea di un’architettura genericamente eterocrona. Radicale cambiamento che ha favorito un percorso di “ricerca critica” verso lo studio della “forma” pura, in molti casi correlata alla sola utilitas, in concomitanza a una concreta modificazione del carattere della costruzione. Riguardo alla situazione attuale, in un contesto che si mostra tragicamente indebolito dall’ideologia della globalizzazione dei mercati, delle tecniche e della comunicazione, con effetti devastanti anche nell’ambito specifico dell’architettura, si pone l’interrogativo se sia ancora lecito parlare di “carattere”, unitariamente inteso per differenti aree geografico-culturali. Un dibattito intorno all’architettura, sulle sue relazioni costitutive interne e sugli esiti che oggi produce, finisce purtroppo per prendere atto di una dilagante condizione di frammentazione, intesa non tanto come fenomeno casuale ma come figura ideale di una valorizzazione delle differenze, che produce un irrimediabile abbandono di qualsiasi ricerca di equilibrata unità. E specialmente di quella “linguistica” che, del tutto carente di codificazione e soprattutto dispensata del valore della tradizione, ha aperto la strada a un progressivo interesse verso l’uso diffuso di para-linguaggi che hanno proiettato l’architettura in un “nuovo stile internazionale”. Forte processo di concettualizzazione del linguaggio architettonico riferito, sovente, esclusivamente all’involucro assunto come “valore” in sé, ed i cui principali effetti si misurano sulla capacità di coinvolgere notevolmente l’immaginazione e il mondo delle emozioni, con una globale omogeneizzazione delle forme architettoniche sotto il segno dell’apparenza e dell’immagine del prodotto ancor prima che della tecnica. E tuttavia, pur con eccessive semplificazioni, si può affermare che la grande trasformazione in corso, ricondotta alle sue linee essenziali, si pone in fondo come un paradosso: da un lato siamo testimoni di una spettacolare riduzione del ruolo dell’architettura (di frequente) a sola immagine, con effetti catastrofici sul piano delle verità costruttive e delle diversità areali; dall’altro, però, siamo anche spettatori di un’aspirazione, declamata da più parti, del ritorno in primo piano della necessità di fondare una nuova ricerca che miri a conquistare i contenuti di una rinascita dell“internazionalismo critico” che, assicurando continuità all’idea di tipo (pur con le sue mutevoli-vitali diversità), possa stabilmente custodire il concetto di autoctonia areale preservando, similmente alla lingua, quelle imprescindibili differenze culturali che costituiscono inalienabile patrimonio civile dell’umanità.
2011
Primo congresso internazionale fi retevitruvio. Rete Interuniversitaria Italiana di Architettura. SSD ICAR 14 | 15 | 16
978-88-95612-76-8
Caratteri dell'architettura nell'età della globalizzazione / Ieva, Matteo. - STAMPA. - (2011), pp. 745-754. (Intervento presentato al convegno Primo congresso internazionale fi retevitruvio. Rete Interuniversitaria Italiana di Architettura. SSD ICAR 14 | 15 | 16 tenutosi a Bari nel 2-6 maggio 2011).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11589/19815
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