Il quaderno riassume i risultati dell’attività didattica svolta nei corsi di Progettazione architettonica del III anno, negli Anni Accademici dal 2005 al 2008 e dal 2010 al 2012, nel corso dei quali è stato sviluppato il tema dello spazio sacro. Il progetto elaborato negli anni di corso documentati è stato considerato come esercizio didattico volto alla riflessione cosciente della complessità insita nell’aggregazione degli elementi componenti il centro parrocchiale, cioè degli ambienti di servizio (aule liturgiche, salone parrocchiale, ecc.) in rapporto alla chiesa, accettando come imprescindibile la condizione del confronto organico con la città. Ciò spiegherebbe le ragioni che hanno consigliato la scelta del tema dello spazio sacro nel tessuto che risiedono, in primo luogo, nella convinzione che l’esperienza progettuale sul concetto di aggregazione di spazi seriali (o solo parzialmente specializzati) connessi alla grande aula liturgica avrebbe agevolato la trasmissione di alcuni principi che, a mio parere, sono basilari per un corso di progettazione che si svolge a tale stadio della formazione degli studenti del III anno. Tra questi, indubbiamente l’attualità della nozione di organismo, evidentemente considerata nella sua accezione moderna, ad esprimere l’indispensabile rapporto con l’eredità culturale - areale di cui siamo partecipi. Legame con un portato processuale che, se in concreto dichiara l’inesorabile bisogno di continuità lessicologica propria di una lingua architettonica, identitaria di una cultura edilizia in un luogo, si esprime pure in un’attesa di aggiornamento, emblematicamente significativa del suo essere immagine concreta di un ente in costante trasformazione. Non meno indispensabile per gli obiettivi prefissati, anche, la nozione di tipo architettonico inteso come concetto sintetico di spazio destinato ad ospitare attività di tipo antropico, riguardato nel suo progresso di specifiche trasformazioni, riconoscibili e collettivamente (spontaneamente o criticamente) assunte in un ambito spaziale e temporale. In altri termini, riconoscimento dell’autenticità di quegli esiti architettonici che sono il portato più evidente dell’autodeterminazione di una cultura che collettivamente ne sancisce validità/mutazione/aggiornamento/continuità/discontinuità. Riflessione che ha pure permesso di comprendere le reali criticità dell’atteggiamento pretenzioso e deviato di quella critica d’architettura che, considerando il portato del tipo in chiave positivista (nella sua accezione alla Quatremère de Quincy), quindi aberrata e contraria al suo vero significato, lo fa coincidere con un pensiero riduttivamente conservatore. Luogo letterario in larga misura diffuso con la modernità (o meglio, ispirato da una certa storiografia ufficiale del moderno) ed oggi completamente consumato e trasposto in atteggiamento (alle volte) programmaticamente ostile con chi ne professa la sua attualità; che ignora, cioè, il valore autentico della nozione proposta la cui spiegazione discende dal suo essere esito di una coscienza collettiva che ne determina non solo l’esistenza ma anche il suo superamento. Il tipo, infatti, da questo punto di vista non è qualcosa di trascendente ma immanente. Il binomio indissolubile dei termini organismo e tipo architettonico è stato indagato, e didatticamente trasmesso, nel suo significato di sistema costituito da unità non indipendenti. Ciò ha permesso di strutturare, sia, un metodo di lettura critica basata proprio sull’inscindibilità di tali nozioni, con cui si è interpretato il processo evolutivo del tipo della chiesa, sia, il progetto impostato in modo del tutto congruente con i principi originariamente adottati. In realtà, gli obiettivi ricercati attraverso i principi trasmessi e la struttura impiegata vanno ben oltre l’intenzione di far acquisire agli studenti unicamente il know-how necessario alla progettazione dello spazio sacro. La trasmissione di un metodo è lo scopo ultimo dell’ossatura didattica proposta, che trova solo strumentalmente nel progetto del centro religioso occasione per sperimentare quelle nozioni fondamentali a cui si è fatto riferimento negli incontri didattici.
Il progetto dello spazio sacro nella didattica dell'architettura = The sacred space project in the teaching of the architecture / Ieva, Matteo. - STAMPA. - 44:(2012).
Il progetto dello spazio sacro nella didattica dell'architettura = The sacred space project in the teaching of the architecture
Matteo Ieva
2012-01-01
Abstract
Il quaderno riassume i risultati dell’attività didattica svolta nei corsi di Progettazione architettonica del III anno, negli Anni Accademici dal 2005 al 2008 e dal 2010 al 2012, nel corso dei quali è stato sviluppato il tema dello spazio sacro. Il progetto elaborato negli anni di corso documentati è stato considerato come esercizio didattico volto alla riflessione cosciente della complessità insita nell’aggregazione degli elementi componenti il centro parrocchiale, cioè degli ambienti di servizio (aule liturgiche, salone parrocchiale, ecc.) in rapporto alla chiesa, accettando come imprescindibile la condizione del confronto organico con la città. Ciò spiegherebbe le ragioni che hanno consigliato la scelta del tema dello spazio sacro nel tessuto che risiedono, in primo luogo, nella convinzione che l’esperienza progettuale sul concetto di aggregazione di spazi seriali (o solo parzialmente specializzati) connessi alla grande aula liturgica avrebbe agevolato la trasmissione di alcuni principi che, a mio parere, sono basilari per un corso di progettazione che si svolge a tale stadio della formazione degli studenti del III anno. Tra questi, indubbiamente l’attualità della nozione di organismo, evidentemente considerata nella sua accezione moderna, ad esprimere l’indispensabile rapporto con l’eredità culturale - areale di cui siamo partecipi. Legame con un portato processuale che, se in concreto dichiara l’inesorabile bisogno di continuità lessicologica propria di una lingua architettonica, identitaria di una cultura edilizia in un luogo, si esprime pure in un’attesa di aggiornamento, emblematicamente significativa del suo essere immagine concreta di un ente in costante trasformazione. Non meno indispensabile per gli obiettivi prefissati, anche, la nozione di tipo architettonico inteso come concetto sintetico di spazio destinato ad ospitare attività di tipo antropico, riguardato nel suo progresso di specifiche trasformazioni, riconoscibili e collettivamente (spontaneamente o criticamente) assunte in un ambito spaziale e temporale. In altri termini, riconoscimento dell’autenticità di quegli esiti architettonici che sono il portato più evidente dell’autodeterminazione di una cultura che collettivamente ne sancisce validità/mutazione/aggiornamento/continuità/discontinuità. Riflessione che ha pure permesso di comprendere le reali criticità dell’atteggiamento pretenzioso e deviato di quella critica d’architettura che, considerando il portato del tipo in chiave positivista (nella sua accezione alla Quatremère de Quincy), quindi aberrata e contraria al suo vero significato, lo fa coincidere con un pensiero riduttivamente conservatore. Luogo letterario in larga misura diffuso con la modernità (o meglio, ispirato da una certa storiografia ufficiale del moderno) ed oggi completamente consumato e trasposto in atteggiamento (alle volte) programmaticamente ostile con chi ne professa la sua attualità; che ignora, cioè, il valore autentico della nozione proposta la cui spiegazione discende dal suo essere esito di una coscienza collettiva che ne determina non solo l’esistenza ma anche il suo superamento. Il tipo, infatti, da questo punto di vista non è qualcosa di trascendente ma immanente. Il binomio indissolubile dei termini organismo e tipo architettonico è stato indagato, e didatticamente trasmesso, nel suo significato di sistema costituito da unità non indipendenti. Ciò ha permesso di strutturare, sia, un metodo di lettura critica basata proprio sull’inscindibilità di tali nozioni, con cui si è interpretato il processo evolutivo del tipo della chiesa, sia, il progetto impostato in modo del tutto congruente con i principi originariamente adottati. In realtà, gli obiettivi ricercati attraverso i principi trasmessi e la struttura impiegata vanno ben oltre l’intenzione di far acquisire agli studenti unicamente il know-how necessario alla progettazione dello spazio sacro. La trasmissione di un metodo è lo scopo ultimo dell’ossatura didattica proposta, che trova solo strumentalmente nel progetto del centro religioso occasione per sperimentare quelle nozioni fondamentali a cui si è fatto riferimento negli incontri didattici.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.