Il contributo interpreta l'opera di Tobia Scarpa alla luce del suo rapporto con il contesto culturale veneziano a partire dalla formazione dell'autore presso l'Università IUAV di Venezia. Una vera koinè fatta anche di rapporti interpersonali, nella quale ritroviamo architetti e artisti come Carlo Scarpa e Mario De Luigi, letterati e storici dell’arte come Manlio Dazzi, Giulio Lorenzetti prima e Giuseppe Mazzariol più tardi e per il suo tramite Sergio Bettini. Quest’ultimo, lo storico dell’arte che più di ogni altro ha saputo e voluto indagare le origini del paradosso veneziano: la sua capacità di vedere nuovo l’antico (Pastor, 2009).3 Una capacità radicata in una sorta di spirito veneziano che la città testimonia nelle sue matrici spaziali, colte dai suoi massimi interpreti in un flusso temporale che scorre vivido, a partire dalle sue origini tardoantiche. Questa strada dell’inattualità se è vero che è “sapienza tramandata” come più volte Tobia Scarpa ha potuto puntualizzare nelle sue interviste, un porsi “fuori dalla modernità”, non è anche la testimonianza di un’appartenenza al flusso di vita di quel luogo “impossibile”, quel luogo al di fuori di ogni schieramento prefigurato, compreso quello sulla modernità, che rappresenta la città di Venezia? Non per negazione della modernità, ma per il modo in cui essa in quel luogo poteva essere interrogata e messa in crisi da quella stessa scuola, lo IUAV, che segna gli anni della formazione di entrambi gli architetti.

Il Cucchiaio di Socrate o dell'inattualità della bellezza / Carullo, Rossana. - STAMPA. - 1:(2023), pp. 90-99.

Il Cucchiaio di Socrate o dell'inattualità della bellezza

Rossana CARULLO
2023-01-01

Abstract

Il contributo interpreta l'opera di Tobia Scarpa alla luce del suo rapporto con il contesto culturale veneziano a partire dalla formazione dell'autore presso l'Università IUAV di Venezia. Una vera koinè fatta anche di rapporti interpersonali, nella quale ritroviamo architetti e artisti come Carlo Scarpa e Mario De Luigi, letterati e storici dell’arte come Manlio Dazzi, Giulio Lorenzetti prima e Giuseppe Mazzariol più tardi e per il suo tramite Sergio Bettini. Quest’ultimo, lo storico dell’arte che più di ogni altro ha saputo e voluto indagare le origini del paradosso veneziano: la sua capacità di vedere nuovo l’antico (Pastor, 2009).3 Una capacità radicata in una sorta di spirito veneziano che la città testimonia nelle sue matrici spaziali, colte dai suoi massimi interpreti in un flusso temporale che scorre vivido, a partire dalle sue origini tardoantiche. Questa strada dell’inattualità se è vero che è “sapienza tramandata” come più volte Tobia Scarpa ha potuto puntualizzare nelle sue interviste, un porsi “fuori dalla modernità”, non è anche la testimonianza di un’appartenenza al flusso di vita di quel luogo “impossibile”, quel luogo al di fuori di ogni schieramento prefigurato, compreso quello sulla modernità, che rappresenta la città di Venezia? Non per negazione della modernità, ma per il modo in cui essa in quel luogo poteva essere interrogata e messa in crisi da quella stessa scuola, lo IUAV, che segna gli anni della formazione di entrambi gli architetti.
2023
Tobia Scarpa, design e gusto della tavola italiana
9788885753761
Sfera edizioni
Il Cucchiaio di Socrate o dell'inattualità della bellezza / Carullo, Rossana. - STAMPA. - 1:(2023), pp. 90-99.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11589/268800
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