Oggetto del saggio è l’indagine sul significato della luce nell’architettura sacra di Sigurd Lewerentz. La luce viene messa in relazione con il tipo di costruzione che Lewerentz vuol ottenere, una muratura massiva, di forte spessore, molto materica. La forma della chiesa è scatolare, la copertura è leggera. Lewerentz vuole ottenere uno spazio buio per poter controllare la qualità e l’intensità della luce. Si tratta di un “buio luminoso”, secondo una efficace definizione che è riportata in un dramma di Jon Fosse, scrittore norvegese. Una opacità che è una costante della cultura nordica, dai quadri di Hammershoi ai film di Dreyer. “Buio luminoso” cioè un buio che introduce alla luce, che la protegge e ne mostra il suo lento apparire. In una intervista, lo stesso Fosse dirà, con una espressione ancora più efficace, che “è il buio che protegge la luce”. Si tratta di una qualità luminosa che permea l’esistenza dei popoli nordici. Per raggiungere questa qualità, Lewerentz si affida all’architettura, in particolare ai caratteri costruttivi del muro: un muro costruito con mattoni scuri e con spessi giunti. Il saggio, seppur concentrandosi su un aspetto dello spazio sacro, quello luminoso, mostra la conoscenza profonda che aveva Lewerentz degli insegnamenti costruttivi appresi in terra tedesca, nell’apprendistato giovanile, che gli consentiranno in tarda età di raggiungere risultati straordinari che conosciamo. Il saggio costituisce un contributo inedito sulla interpretazione dell’opera dell’architetto svedese e, più in generale, sottolinea la necessità di una relazione tra le forme dell’architettura e gli strumenti della sua configurazione costruttiva.

La luce nella chiesa di San Pietro a Klippan, Sigurd Lewerentz / Ardito, Vitangelo. - In: FIRENZE ARCHITETTURA. - ISSN 1826-0772. - 2, 2024:(2024), pp. 142-151.

La luce nella chiesa di San Pietro a Klippan, Sigurd Lewerentz

Vitangelo, Ardito
2024-01-01

Abstract

Oggetto del saggio è l’indagine sul significato della luce nell’architettura sacra di Sigurd Lewerentz. La luce viene messa in relazione con il tipo di costruzione che Lewerentz vuol ottenere, una muratura massiva, di forte spessore, molto materica. La forma della chiesa è scatolare, la copertura è leggera. Lewerentz vuole ottenere uno spazio buio per poter controllare la qualità e l’intensità della luce. Si tratta di un “buio luminoso”, secondo una efficace definizione che è riportata in un dramma di Jon Fosse, scrittore norvegese. Una opacità che è una costante della cultura nordica, dai quadri di Hammershoi ai film di Dreyer. “Buio luminoso” cioè un buio che introduce alla luce, che la protegge e ne mostra il suo lento apparire. In una intervista, lo stesso Fosse dirà, con una espressione ancora più efficace, che “è il buio che protegge la luce”. Si tratta di una qualità luminosa che permea l’esistenza dei popoli nordici. Per raggiungere questa qualità, Lewerentz si affida all’architettura, in particolare ai caratteri costruttivi del muro: un muro costruito con mattoni scuri e con spessi giunti. Il saggio, seppur concentrandosi su un aspetto dello spazio sacro, quello luminoso, mostra la conoscenza profonda che aveva Lewerentz degli insegnamenti costruttivi appresi in terra tedesca, nell’apprendistato giovanile, che gli consentiranno in tarda età di raggiungere risultati straordinari che conosciamo. Il saggio costituisce un contributo inedito sulla interpretazione dell’opera dell’architetto svedese e, più in generale, sottolinea la necessità di una relazione tra le forme dell’architettura e gli strumenti della sua configurazione costruttiva.
2024
La luce nella chiesa di San Pietro a Klippan, Sigurd Lewerentz / Ardito, Vitangelo. - In: FIRENZE ARCHITETTURA. - ISSN 1826-0772. - 2, 2024:(2024), pp. 142-151.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11589/284420
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