What are the new frontiers of conservation regarding the treatment of architectural and figurative arts loss? The Ph.D. research analyzes internationally the current intervention methods to understand the theoretical principles - if they exist - underlying the choices of loss compensation based on reflections arising from the contemporary debate among advocates of three coexisting different approaches: Cesare Brandi’s Theory of Restoration, widely spread in Romance language countries; the so-called “contemporary theory of conservation” proposed by the Spanish head of the Paper Conservation Salvador Muñoz Viñas, dominant in Anglo-Saxon countries; and the proponents of the most recent approach based on living heritage, rooted in Southeast Asian and African countries and some contexts in Latin America and recently adapted to European cultural heritage by the emerging Narrative Theory in Conservation. Since the 1980s, there has been a shift in the Eurocentric conception of conservation and restoration, marked by the drafting of eminent documents such as the Burra Charter of 1979 and the Nara Document of 1994, following the Venice Charter of 1964. This change has been driven by new social impulses, arising from the subjectivity of art, leading to a revision of the definition of cultural heritage and authenticity and a progressive broadening of the concept of heritage. Heritage, previously limited to “artworks” only, now includes objects used in daily life and privately owned ones. Conservation and restoration, therefore, have also become social actions, alongside the intrinsic values of the Eurocentric view, rooted in the reception of artwork in human consciousness limited to aesthetic and historical aspects. Extrinsic values such as social, scientific, spiritual, political, and economic considerations have been added. Simultaneously, more stakeholders have been involved in the decision-making process of intervention, currently seen by the “contemporary theory of conservation” as a moment of “negotiation” among the different “values” recognized for the objects. On the other hand, for the living heritage approach, conservation and restoration are processes reserved for local communities, known as “core communities” who hold the heritage and know-how and have the sole right to intervene to ensure its cultural “continuity”. Furthermore, with the impulses of postmodernism, there has been a shift in the purposes of conservation and restoration, no longer solely focused on transmitting heritage to future generations but also on ensuring, through widespread access, management, and enhancement, the achievement of “social well-being” for the present generations. The simultaneous entry of visual culture into the field of art has placed considerable emphasis on images related to objects that may not be classified as “artworks”, emphasizing their iconography and iconology rather than their material and formal qualities. With the use of digital tools, this has directed the operational methods of cultural heritage loss compensation, prescribed by Cesare Brandi’s Theory of Restoration, increasingly towards a unified recomposition of the image, reflecting the progressive evolution of the “way to look”. Through some paradigmatic case studies of loss compensation, the research aims to reflect on the material and immaterial values attributed to heritage and to understand the reasons currently animating the international debate, which demonstrates how the three aforementioned approaches to conservation and restoration coexist and remain valid depending on the geographic and cultural context to which they belong. Sometimes different approaches coexist in the same context, providing a complex, multifaceted, and in some cases paradoxical picture typical of an interconnected, transcultural, and relativistic world. Investigating the cultural, social, spiritual, political, economic, and sometimes ideological implications behind loss compensation, beyond just the formal and technical issues, allows for an understanding of the drifts and manipulative and falsifying risks to heritage undertaken with certain interventions. The outcomes of these operations invite reflection on the future of the restoration discipline and the identity of the “conservator-restorer” who is currently seeking to “reinvent” themselves, and raise some concluding questions that need answers. Are the principles of “intersubjectivity” and “semantic sustainability”, foundational elements of the “contemporary theory of conservation”, and the goal promoted by the living heritage orientation to activate core communities in the processes of care, conservation, and “change management” of heritage sufficient for a theoretical reformation of restoration, or are they leading to the dissolution of the emblematic themes of the discipline debated for centuries in the Old Continent and to the extinction or metamorphosis of the “conservator-restorer” ? Is Cesare Brandi’s Theory of Restoration still valid, or has it become a historicized text, and can we do without “theories”? In the present and future global scenario, can we alternatively envision a peaceful coexistence of the three different orientations of conservation and restoration, or will one of them succumb?

Quali sono le nuove frontiere del restauro in merito al trattamento della lacuna architettonica e delle arti figurative? La ricerca di Dottorato analizza in àmbito internazionale le attuali modalità di intervento con il fine di comprendere i princìpi teorici – se esistenti - alle base delle scelte reintegrative della lacuna in relazione alle riflessioni scaturite dal dibattito contemporaneo tra i sostenitori di tre differenti orientamenti coesistenti: quelli della Teoria del restauro di Cesare Brandi, ampiamente diffusa nei Paesi di lingue neolatine, quelli della cosiddetta “teoria contemporanea del restauro” proposta dal restauratore spagnolo Salvador Muñoz Viñas, dominante nei Paesi anglosassoni, e i promotori del più recente approccio basato sul living heritage, radicato nei Paesi del Sud-Est asiatico e dell’Africa e in alcuni contesti dell’America latina e recentemente adattato al patrimonio culturale europeo dalla nascente Teoria Narrativa. A partire dagli anni Ottanta del XX secolo ha avuto inizio il cambiamento della concezione eurocentrica della conservazione e del restauro, scandito dalla redazione di eminenti documenti come la Carta di Burra del 1979 e il Documento di Nara del 1994, seguiti alla Carta di Venezia del 1964. All’introduzione di nuovi impulsi sociali, scaturiti dalla soggettività dell’arte, è conseguita la revisione della definizione del cultural heritage e dell’“autenticità” e un progressivo ampliamento del “patrimonio”, prima esclusivo delle sole “opere d’arte” e attualmente comprensivo di oggetti – object - anche di uso comune e di proprietà privata. La conservazione e il restauro, quindi, sono diventate anche azioni sociali: ai valori intrinseci della visione eurocentrica, fondata sulla ricezione dell’opera d’arte nella coscienza umana limitata al fenomeno estetico e storico, si sono affiancati quelli estrinseci sociali, scientifici, spirituali e in aggiunta politici ed economici. Contestualmente si è attuato il coinvolgimento di un maggior numero di soggetti nel processo decisionale di intervento, attualmente inteso dalla “teoria contemporanea del restauro” come momento di “negoziazione” tra i diversi “valori” riconosciuti agli object. Invece, per l’orientamento del living heritage la conservazione e il restauro costituiscono dei processi riservati alle comunità locali – note come core community - detentrici del patrimonio e del know-how e uniche ad aver diritto di intervenire su di esso per garantirne la “continuità” culturale. Inoltre, con gli impulsi del postmodernismo si è registrato il cambiamento delle finalità della conservazione e del restauro, non solo più volte alla trasmissione del patrimonio alle generazioni future, ma ad assicurare, con la diffusa fruizione, gestione e valorizzazione, il raggiungimento del “benessere sociale” di quelle presenti. La contestuale entrata in scena nel campo dell’arte della visual culture ha conferito una notevole enfasi al mondo delle immagini riferite ad oggetti anche non rubricabili come “opere d’arte”, enfatizzandone l’iconografia e l’iconologia piuttosto che le qualità materiali e formali e, con l’ausilio degli strumenti digitali, ha indirizzato le modalità operative di reintegrazione delle lacune del patrimonio culturale, prescritte dalla Teoria del restauro di Cesare Brandi, sempre più verso una ricomposizione unitaria dell’immagine, testimoniando la progressiva evoluzione dello “sguardo dell’epoca”. Mediante alcuni casi studio paradigmatici di reintegrazione delle lacune, la ricerca ha l’obiettivo di riflettere sui valori materiali e immateriali attribuiti al patrimonio e di comprendere le ragioni che attualmente animano il dibattito internazionale e che testimoniano come i tre orientamenti della conservazione e del restauro suddetti coesistono e risultano validi a seconda del contesto geografico e culturale di appartenenza. A volte approcci diversi convivono nello stesso contesto fornendo un quadro complesso, sfaccettato e in alcuni casi paradossale, tipico di un mondo interconnesso, transculturale e relativistico. Indagare le implicazioni culturali, sociali, spirituali, politiche, economiche e a volte ideologiche che si celano dietro la reintegrazione della lacuna, non soffermandosi esclusivamente sulle problematiche formali e tecniche, permette la comprensione delle derive e dei rischi manipolativi e falsificatori del patrimonio intrapresi con alcuni interventi reintegrativi. Gli esiti di queste operazioni invitano a riflettere sul futuro della disciplina del restauro e sull’identità del “restauratore”, che attualmente sta cercando di “reinventarsi”, e pongono alcuni quesiti conclusivi che necessitano di trovare risposta. L’introduzione dell’“intersoggettività” e della “sostenibilità semantica”, princìpi fondanti della “teoria contemporanea del restauro”, e l’obiettivo promosso dall’orientamento del living heritage di rendere attive le core communiy nei processi di cura, conservazione e “gestione del cambiamento” del patrimonio sono sufficienti per una rifondazione teorica del restauro o stanno conducendo alla dissolvenza dei temi emblematici della disciplina dibattuti da secoli nel Vecchio Continente e ad una estinzione o metamorfosi del “restauratore”? È ancora valida la Teoria del restauro di Cesare Brandi o è un testo ormai storicizzato e possiamo fare a meno delle “teorie”? Nello scenario mondiale presente e futuro possiamo in alternativa immaginare una pacifica convivenza dei tre differenti orientamenti della conservazione e del restauro o qualcuno di essi soccomberà?

Ripensare la lacuna. Architettura e arti figurative nel XXI secolo / Catella, Maria Antonietta. - ELETTRONICO. - (2023). [10.60576/poliba/iris/catella-maria-antonietta_phd2023]

Ripensare la lacuna. Architettura e arti figurative nel XXI secolo

Catella, Maria Antonietta
2023-01-01

Abstract

What are the new frontiers of conservation regarding the treatment of architectural and figurative arts loss? The Ph.D. research analyzes internationally the current intervention methods to understand the theoretical principles - if they exist - underlying the choices of loss compensation based on reflections arising from the contemporary debate among advocates of three coexisting different approaches: Cesare Brandi’s Theory of Restoration, widely spread in Romance language countries; the so-called “contemporary theory of conservation” proposed by the Spanish head of the Paper Conservation Salvador Muñoz Viñas, dominant in Anglo-Saxon countries; and the proponents of the most recent approach based on living heritage, rooted in Southeast Asian and African countries and some contexts in Latin America and recently adapted to European cultural heritage by the emerging Narrative Theory in Conservation. Since the 1980s, there has been a shift in the Eurocentric conception of conservation and restoration, marked by the drafting of eminent documents such as the Burra Charter of 1979 and the Nara Document of 1994, following the Venice Charter of 1964. This change has been driven by new social impulses, arising from the subjectivity of art, leading to a revision of the definition of cultural heritage and authenticity and a progressive broadening of the concept of heritage. Heritage, previously limited to “artworks” only, now includes objects used in daily life and privately owned ones. Conservation and restoration, therefore, have also become social actions, alongside the intrinsic values of the Eurocentric view, rooted in the reception of artwork in human consciousness limited to aesthetic and historical aspects. Extrinsic values such as social, scientific, spiritual, political, and economic considerations have been added. Simultaneously, more stakeholders have been involved in the decision-making process of intervention, currently seen by the “contemporary theory of conservation” as a moment of “negotiation” among the different “values” recognized for the objects. On the other hand, for the living heritage approach, conservation and restoration are processes reserved for local communities, known as “core communities” who hold the heritage and know-how and have the sole right to intervene to ensure its cultural “continuity”. Furthermore, with the impulses of postmodernism, there has been a shift in the purposes of conservation and restoration, no longer solely focused on transmitting heritage to future generations but also on ensuring, through widespread access, management, and enhancement, the achievement of “social well-being” for the present generations. The simultaneous entry of visual culture into the field of art has placed considerable emphasis on images related to objects that may not be classified as “artworks”, emphasizing their iconography and iconology rather than their material and formal qualities. With the use of digital tools, this has directed the operational methods of cultural heritage loss compensation, prescribed by Cesare Brandi’s Theory of Restoration, increasingly towards a unified recomposition of the image, reflecting the progressive evolution of the “way to look”. Through some paradigmatic case studies of loss compensation, the research aims to reflect on the material and immaterial values attributed to heritage and to understand the reasons currently animating the international debate, which demonstrates how the three aforementioned approaches to conservation and restoration coexist and remain valid depending on the geographic and cultural context to which they belong. Sometimes different approaches coexist in the same context, providing a complex, multifaceted, and in some cases paradoxical picture typical of an interconnected, transcultural, and relativistic world. Investigating the cultural, social, spiritual, political, economic, and sometimes ideological implications behind loss compensation, beyond just the formal and technical issues, allows for an understanding of the drifts and manipulative and falsifying risks to heritage undertaken with certain interventions. The outcomes of these operations invite reflection on the future of the restoration discipline and the identity of the “conservator-restorer” who is currently seeking to “reinvent” themselves, and raise some concluding questions that need answers. Are the principles of “intersubjectivity” and “semantic sustainability”, foundational elements of the “contemporary theory of conservation”, and the goal promoted by the living heritage orientation to activate core communities in the processes of care, conservation, and “change management” of heritage sufficient for a theoretical reformation of restoration, or are they leading to the dissolution of the emblematic themes of the discipline debated for centuries in the Old Continent and to the extinction or metamorphosis of the “conservator-restorer” ? Is Cesare Brandi’s Theory of Restoration still valid, or has it become a historicized text, and can we do without “theories”? In the present and future global scenario, can we alternatively envision a peaceful coexistence of the three different orientations of conservation and restoration, or will one of them succumb?
2023
Quali sono le nuove frontiere del restauro in merito al trattamento della lacuna architettonica e delle arti figurative? La ricerca di Dottorato analizza in àmbito internazionale le attuali modalità di intervento con il fine di comprendere i princìpi teorici – se esistenti - alle base delle scelte reintegrative della lacuna in relazione alle riflessioni scaturite dal dibattito contemporaneo tra i sostenitori di tre differenti orientamenti coesistenti: quelli della Teoria del restauro di Cesare Brandi, ampiamente diffusa nei Paesi di lingue neolatine, quelli della cosiddetta “teoria contemporanea del restauro” proposta dal restauratore spagnolo Salvador Muñoz Viñas, dominante nei Paesi anglosassoni, e i promotori del più recente approccio basato sul living heritage, radicato nei Paesi del Sud-Est asiatico e dell’Africa e in alcuni contesti dell’America latina e recentemente adattato al patrimonio culturale europeo dalla nascente Teoria Narrativa. A partire dagli anni Ottanta del XX secolo ha avuto inizio il cambiamento della concezione eurocentrica della conservazione e del restauro, scandito dalla redazione di eminenti documenti come la Carta di Burra del 1979 e il Documento di Nara del 1994, seguiti alla Carta di Venezia del 1964. All’introduzione di nuovi impulsi sociali, scaturiti dalla soggettività dell’arte, è conseguita la revisione della definizione del cultural heritage e dell’“autenticità” e un progressivo ampliamento del “patrimonio”, prima esclusivo delle sole “opere d’arte” e attualmente comprensivo di oggetti – object - anche di uso comune e di proprietà privata. La conservazione e il restauro, quindi, sono diventate anche azioni sociali: ai valori intrinseci della visione eurocentrica, fondata sulla ricezione dell’opera d’arte nella coscienza umana limitata al fenomeno estetico e storico, si sono affiancati quelli estrinseci sociali, scientifici, spirituali e in aggiunta politici ed economici. Contestualmente si è attuato il coinvolgimento di un maggior numero di soggetti nel processo decisionale di intervento, attualmente inteso dalla “teoria contemporanea del restauro” come momento di “negoziazione” tra i diversi “valori” riconosciuti agli object. Invece, per l’orientamento del living heritage la conservazione e il restauro costituiscono dei processi riservati alle comunità locali – note come core community - detentrici del patrimonio e del know-how e uniche ad aver diritto di intervenire su di esso per garantirne la “continuità” culturale. Inoltre, con gli impulsi del postmodernismo si è registrato il cambiamento delle finalità della conservazione e del restauro, non solo più volte alla trasmissione del patrimonio alle generazioni future, ma ad assicurare, con la diffusa fruizione, gestione e valorizzazione, il raggiungimento del “benessere sociale” di quelle presenti. La contestuale entrata in scena nel campo dell’arte della visual culture ha conferito una notevole enfasi al mondo delle immagini riferite ad oggetti anche non rubricabili come “opere d’arte”, enfatizzandone l’iconografia e l’iconologia piuttosto che le qualità materiali e formali e, con l’ausilio degli strumenti digitali, ha indirizzato le modalità operative di reintegrazione delle lacune del patrimonio culturale, prescritte dalla Teoria del restauro di Cesare Brandi, sempre più verso una ricomposizione unitaria dell’immagine, testimoniando la progressiva evoluzione dello “sguardo dell’epoca”. Mediante alcuni casi studio paradigmatici di reintegrazione delle lacune, la ricerca ha l’obiettivo di riflettere sui valori materiali e immateriali attribuiti al patrimonio e di comprendere le ragioni che attualmente animano il dibattito internazionale e che testimoniano come i tre orientamenti della conservazione e del restauro suddetti coesistono e risultano validi a seconda del contesto geografico e culturale di appartenenza. A volte approcci diversi convivono nello stesso contesto fornendo un quadro complesso, sfaccettato e in alcuni casi paradossale, tipico di un mondo interconnesso, transculturale e relativistico. Indagare le implicazioni culturali, sociali, spirituali, politiche, economiche e a volte ideologiche che si celano dietro la reintegrazione della lacuna, non soffermandosi esclusivamente sulle problematiche formali e tecniche, permette la comprensione delle derive e dei rischi manipolativi e falsificatori del patrimonio intrapresi con alcuni interventi reintegrativi. Gli esiti di queste operazioni invitano a riflettere sul futuro della disciplina del restauro e sull’identità del “restauratore”, che attualmente sta cercando di “reinventarsi”, e pongono alcuni quesiti conclusivi che necessitano di trovare risposta. L’introduzione dell’“intersoggettività” e della “sostenibilità semantica”, princìpi fondanti della “teoria contemporanea del restauro”, e l’obiettivo promosso dall’orientamento del living heritage di rendere attive le core communiy nei processi di cura, conservazione e “gestione del cambiamento” del patrimonio sono sufficienti per una rifondazione teorica del restauro o stanno conducendo alla dissolvenza dei temi emblematici della disciplina dibattuti da secoli nel Vecchio Continente e ad una estinzione o metamorfosi del “restauratore”? È ancora valida la Teoria del restauro di Cesare Brandi o è un testo ormai storicizzato e possiamo fare a meno delle “teorie”? Nello scenario mondiale presente e futuro possiamo in alternativa immaginare una pacifica convivenza dei tre differenti orientamenti della conservazione e del restauro o qualcuno di essi soccomberà?
loss compensation; cultural heritage; theory of restoration, contemporary theory of conservation, living heritage approach, narrative theory in conservation
reintegrare la lacuna; patrimonio culturale; teoria del restauro; teoria contemporanea del restauro; orientamento del living heritage; teoria narrativa
Ripensare la lacuna. Architettura e arti figurative nel XXI secolo / Catella, Maria Antonietta. - ELETTRONICO. - (2023). [10.60576/poliba/iris/catella-maria-antonietta_phd2023]
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